In essa si fa riferimento a una scadenza fissata per il "carnevale prossimo", evidenziando che la festività era già parte integrante della vita cittadina, sebbene non sia chiaro in cosa all'epoca consistesse. Proseguendo a ritroso, Agostini ha trovato numerosi riferimenti al Carnevale in documenti storici. "Gli Statuti Comunali del 1377, ad esempio, lo annoverano tra le festività principali, vietando il lavoro e raddoppiando le pene per reati commessi nei giorni antecedenti" ha spiegato al pubblico presente, tra cui maschere provenienti da diverse città italiane. "Nel Cinquecento, a causa delle tensioni tra guelfi e ghibellini, il consiglio comunale vietò l'uso delle maschere, temendo che facilitassero crimini. Tuttavia - ha aggiunto Agostini - la tradizione del Carnevale continuò, con il Comune che garantiva l'approvvigionamento di carne per i festeggiamenti e i monasteri che annotavano spese per alimenti come ravioli, pietanza imprescindibile del carnevale ascolano". Nel Seicento, il Carnevale era segnato da giostre cavalleresche, descritte nei testi gesuitici, mentre nel Settecento prevaleva il teatro. Nobili e cittadini animavano il Ventidio Basso, richiedendo l'uso della struttura per spettacoli e veglioni, feste da ballo di cui, dunque, c'è testimonianza già all'epoca. Nell'Ottocento emerge la "Festa dei Moccoletti", in cui si gareggiava per spegnere le candele degli altri, come descritto da Charles Dickens. Durante questo secolo, però, il Carnevale era regolamentato rigidamente dallo Stato Pontificio. Concludendo, Agostini ha sottolineato che, sebbene la data del 1229 sia la più antica prova documentale certa, il Carnevale ad Ascoli Piceno potrebbe avere radici ben più profonde e meritevoli di ulteriori approfondimenti.
Gennaio 18, 2025
Le tracce del Carnevale di Ascoli in una pergamena del 1229
Ascoli Piceno - Il dottor Augusto Agostini, storico e appassionato di Ascoli Piceno, ha dimostrato durante un convegno svoltosi oggi al Teatro Filarmonici che il Carnevale ascolano è documentato con certezza dal 1229, grazie a una pergamena dell'Archivio di Sant'Angelo Magno.
Redazione